Fonte: Ansa.it

Il governo italiano vorrebbe risparmiare gli investitori privati, l’Ue guarda ai paletti sugli aiuti di Stato

E’ trattativa serrata con Bruxelles sugli aiuti pubblici per sostenere le banche italiane che non dovessero passare gli stress test della Bce: con un braccio di ferro fra Roma – che vorrebbe risparmiare gli investitori privati – e Bruxelles che guarda ai paletti sugli aiuti di Stato mentre la Bce entra con il suo peso politico nella vicenda ricordando che il sostegno pubblico a volte è utile. Il compromesso potrebbe cadere sulla conversione dei titolari di bond subordinati in azionisti. Bruxelles potrebbe cedere risparmiando gli investitori retail, in sostanza i risparmiatori, mentre l’Italia punterebbe a una esenzione tout cour anche per quelli istituzionali, come i fondi. In ballo ci sono le obbligazioni subordinate, che già hanno tremato dopo la risoluzione delle 4 banche di novembre e che, secondo le regole europee, non potrebbero non partecipare in qualche modo a un eventuale aumento di capitale sostenuto dallo Stato. Gira tutta attorno a questo nodo la trattativa, serrata, che sta continuando tra Roma e Bruxelles per studiare una soluzione.

I tempi stringono: a fine mese l’Eba renderà noti i risultati degli stress test su cinque istituti italiani. La posizione più delicata potrebbe essere quella di Mps (le altre al vaglio sono Ubi, Intesa, Unicredit, e Banco Popolare) che oggi è crollata in Borsa e ha toccato una capitalizzazione sotto il miliardo, dopo la richiesta Bce di accelerare lo smaltimento dei crediti in sofferenza. L’Italia incassa un’importante apertura della Bce, con Ignazio Angeloni, membro del consiglio di Vigilanza, che ricorda il ruolo “fondamentale” del sostegno pubblico alle banche, presente anche in altre giurisdizioni come gli Usa: aiuti pubblici, insomma, da usare “non più del necessario ma neanche meno”. Ogni soluzione, ha comunque ribadito Palazzo Chigi, sarà individuata all’interno delle regole europee. Nessuna intenzione, insomma, di forzare la mano come evocato dal Financial Times che titolava “Renzi pronto a sfidare Bruxelles e salvare le banche in difficoltà in Italia” e che in un secondo momento ha invitato invece l’Europa ad “abbandonare le regole del bail in per evitare una tragedia italiana”, quella di Mps appunto: “qualunque sia la strada, questo non è il momento per la Ue di essere intransigente”.

La volontà dell’Italia, ha peraltro sottolineato lo stesso premier alla direzione Pd, è e rimane quella di “salvare i correntisti” e “diciamo a tutti che non ci sono rischi”. Resta il fatto che l’interpretazione delle norme europee è affidata una trattativa tutta politica a Bruxelles. Dove Roma, appellandosi anche al caos scatenato da Brexit, si starebbe appellando alle eccezioni alla regola del coinvolgimento degli investitori che scattano quando vi siano rischi di instabilità. L’altro tema sul tavolo sarebbe quello del ruolo di Cdp, che potrebbe accrescere la sua partecipazione nel fondo Atlante (o nella sua nuova costola da dedicare interamente agli Npl). Ma, politicamente, il tema più caldo è quello degli investitori. Una iniezione di capitali pubblici, stando alle regole, prevede, salvo rare e molto specifiche eccezioni, che ci sia “una adeguata condivisione degli oneri” anche per chi “ha investito nella banca”. L’eventuale soluzione di una ricapitalizzazione preventiva, sulla falsariga delle quattro banche greche del 2015, prevede infatti in base all’articolo 32.4 della direttiva Brrd la possibilità, riservata esclusivamente alle banche solventi, di un intervento pubblico a scopo cautelativo sulla base dei risultati degli stress test, che devono dimostrare una mancanza di capitale in uno scenario futuro avverso. Il momento clou diventa di fatto il prossimo 29 luglio. All’intervento pubblico si applicherebbero però sempre le regole sugli aiuti di stato, cui la stessa Brrd rimanda. E qui ritorna in campo il ruolo degli investitori privati, “per limitare l’aiuto” pubblico “al minimo necessario”. Salvo, appunto, che non ci siano rischi sistemici.