Fonte: Il Sole 24 Ore

Rivendica più centralità nelle strategie regionali – a partire dalla fiera di Rimini, che attraverso le nozze con Vicenza diventa la prima fiera della via Emilia e la seconda del Paese – la neonata Confindustria Romagna. Che ieri al Palace Hotel di Milano Marittima ha ufficializzato la nuova squadra dirigente, priorità e obiettivi del soggetto nato lo scorso 29 settembre con la firma notarile sull’atto di fusione alla prima tenuto la prima assemblea degli associati: quasi mille imprenditori, oltre 40mila addetti che generano un fatturato di oltre 10 miliardi di euro.

Che avrebbero potuto esser 20 miliardi se Forlì-Cesena, la terza territoriale della Romagna, non avesse abbandonato cammin facendo il progetto di fusione avviato due anni fa assieme a Rimini e Ravenna, dopo la di castrocaro del 2014 da cui nacque al riforma Pesenti. «Un’assenza che non ci spieghiamo, perché nel percorso di fusione avviato a tre abbiamo visto più aspetti di integrazione che cause di separazione, credo sia mancato coraggio, ma Confindustria Romagna è qui, è nata e le nostre porte sono aperte agli imprenditori di forlivesi, mi auguro che la spinta arrivi ora dal basso», sono le prime parole di Manlio Maggiorli, ex presidente di Confindustria Rimini oggi alla guida della società nata dalla fusione delle due capitali della costa adriatica. Una «grande città metropolitana policentrica», così il presidente definisce un territorio su cui gravitano 720mila abitanti, oltre 70mila imprese che danno lavoro a 280mila addetti, realizzano un valore aggiunto di quasi 20 miliardi di euro e 5,5 miliardi di export. Numeri che portano il peso di Rimini e Ravenna a un 15% del totale regionale (avrebbe superato il 20% con Forlì nella squadra) con un peso però insostituibile, anche nella fusione a due, per l’economia del mare (60% delle imprese e 48% del valore creato in regione dalla filiera di nautica e turismo) e che giustificano il primo appello dell’associazione al governatore regionale Bonaccini, presente ieri al debutto ufficiale di Confindustria Romagna: «Chiediamo più attenzione per due infrastrutture strategiche del nostro territorio: il porto di Ravenna – afferma Maggioli – l’azienda più importante della Romagna, per cui auspico sia nominato presto il nuovo presidente che proceda velocemente a risolvere la questione dell’approfondimento dei fondali (condizione per valorizzare i traffici via mare con il Far East, ndr), opera per cui abbiamo perso già troppo tempo. E poi c’è l’altra piattaforma chiave, la nostra fiera, perché si chiama Rimini Fiera ma è la fiera della Romagna e ora, dopo la fusione con Vicenza, è non solo la prima fiera della regione ma la seconda fiera del Paese». Ravenna è il porto della regione, Rimini è la fiera della regione, ribadisce il nuovo direttivo confindustriale «e crediamo non siano più i tempi per duplicare investimenti che già sono stati fatti, ci auguriamo che le due infrastrutture più importanti siano abbracciate e valorizzate dalla Regione».

Risponde il presidente della Giunta emiliano-romagnola Stefano Bonaccini, «Prima di arrivare qui da Roma mi sono fermato nel mio ufficio a Bologna, per firmare, d’intesa col ministro Del Rio, la nomina di Daniele Rossi (ex Saipem e Rosetti, ndr) alla guida dell’Autorità portuale di Ravenna, perché fondali più bassi significa più competitività per la nostra economia». Una notizia attesa da un anno sulla costa adriatica. I processi aggregativi della Romagna in logica di area vasta stanno accelerando, ribadisce il sindaco di rimini, Andrea Gnassi, invitando tutti a scendere dal campanile e a non giocare con geometrie variabili di convenienza, dal sistema camerale a quello turistivo. «Siamo arrivati alla fine del percorso di fusione in due soggetti e non in tre ma ci siamo arrivati addirittura prima del previsto, questa assemblea era in agenda per gennaio 2017. Ora un’altra priorità su cui ci imepgneremo è la riforma delle camere di comemrcio, condividiamo la direzione della riforma e crediamo che il principio di area vasta debba guidare anche le camere di Forli-Cesena, Ravena e Rimini, e che tenga aperte le porte anche a Ferrara. Ogni altra distrazione è una inutile perdita di tempo e un cattivo servizio al territorio».

A livello di struttura operativa la nuova società frutto della fusione è una somma delle due precedenti territoriali, mantiene i 30 dipendenti e le due sedi integrando e potenziando i servizi. Il nodo attorno al quale è avvenuta la rottura di Forlì Cesena (400 aziende, 27mila addetti, 10 miliardi di euro di fatturato) per una diversa visione del ruolo delle società di servizi e di offerta agli associati. «Ma questa è solo la prima assemblea di una nuova compagine di imprenditori più forte che può affrontare con strumenti più potenti di fronte a una situazione economica ancora difficile, con uno scnario peggiorato e davanti due appuntamenti determinanti per la fiducia dei mercati e delle nostre aziende, le elezioni americane e la consultazione referendaria italiana. E qui ribadisco il sì al referendum di Confindustria Romagna, perché quel sì è garanzia di minor conflittualità Stato-Regioni, di una democrazia rappresentativa e capace di decidere e, soprattutto garanzia di stabilità del Paese e quindi di un’agenda a medio termine per la competitività del Paese. Un punto su cui giocherà un ruolo chiave la manovra 4.0 per incoraggiare l’innovazione delle politiche economiche».